03/04/09

VERTICAL FARM

Vi abbiamo già scritto di giardini che si sviluppano in verticale lungo i muri delle palazzine, vi abbiamo già scritto di agricoltura urbana, ma non vi abbiamo mai scritto delle fattorie verticali.
Partiamo da due dati:
1) il costo complessivo dell’alimentazione globale ha toccato un rialzo del 40%;
2) entro 50 anni la popolazione mondiale raggiungerà un livello fra gli 8 e gli 11 miliardi di persone.
Quindi nutrire i nostri figli richiederà circa 1 miliardo di ettari supplementari di terra coltivabile, terra che al momento purtroppo non esiste.
“Come fare, dunque?” si sono chiesti gli scienziati della Columbia University di New York.
Da questa domanda si è sviluppato uno studio che nel 2001 è culminato nel progetto Vertical Farm.
In pratica le Vertical Farms sono biotorri autosufficienti adibite alla coltivazione di cibi biologici nelle aree cittadine.
Sono state inventate dal professor Dickson Despommier, un insegnante di scienze ambientali, secondo il quale le Vertical Farm si prestano ad essere un ottimo strumento attraverso il quale raggiungere un’autosufficienza alimentare assicurando nel contempo il riequilibrio di numerosi ecosistemi danneggiati.
Attraverso questo tipo di scelta architettonica sarebbe possibile abbandonare progressivamente l’agricoltura intensiva permettendo a grandi porzioni di terreni agricoli di tornare allo stato di foreste e svolgere nuovamente il ruolo di polmone verde, il che tra l’altro ridurrebbe la quantità di biossido di carbonio nell’atmosfera.
I primi dati sperimentali stimano che una singola unità agricola verticale occuperebbe un isolato di una grande metropoli e, a seconda delle dimensioni, potrebbe nutrire dalle 10 mila alle 50 mila persone.
Lo studio di Despommier ha calcolato i vantaggi legati al progetto:
1) Una produzione annuale uniforme, in quanto sarebbe totalmente indipendente dal clima, permettendo una disponibilità di alimenti “stagionali” in qualsiasi periodo.
2) L’aumento della superficie utilizzabile.
3) L’assenza di erbicidi, pesticidi o fertilizzanti.
4) La possibilità di convertire le acque scure e grigie in acqua potabile.
5) La riduzione dell’uso di combustibile sia per quanto riguarda i macchinari agricoli che i mezzi di trasporto, grazie alla vicinanza tra il luogo di coltivazione ed il luogo di vendita dei prodotti.
6) La creazione di nuove opportunità lavorative e il riutilizzo di edifici abbandonati.
7) Un importante contributo al ripristino delle funzioni originali dell’ecosistema, restituendo i terreni agricoli alla natura.
Oltre a questi punti abbiamo anche l’aspetto energetico: la maggior parte dell’energia verrebbe prodotta da un gigantesco sistema alimentato a pellet, ottenuto dai residui non riciclabili in alcun modo, che potrebe essere integrato a pannelli solari o impianti eolici.
Inoltre è stato calcolato che il fabbisogno energetico di una fattoria verticale di 48 piani che si estende per un isolato urbano ammonta a 26,5 milioni di kWh per un anno, contro i 51,6 che produce. In pratica si avrebbe un surplus di energia prodotta pari a 25,1 kWh all’anno!
Secondo gli scienziati esistono anche degli altri benefici, cosiddetti “collaterali”, prodotti da una Vertical Farm:
1) limitare notevolmente l’incidenza di molte malattie infettive trasmesse in campo agricolo;
2) ridurre i conflitti armati per il predominio delle risorse naturali;
3) costituire importanti centri di apprendimento per le future generazioni che abiteranno i centri urbani.
Quindi per concludere: secondo i calcoli se le Vertical Farm fossero realizzate in modo adeguato l’agricoltura urbana potrebbe fornire approvvigionamenti alimentari per il 60% della popolazione che vive all’interno delle città entro il 2030.

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