31/01/11

A DIETA DI TECNOLOGIA

Preso atto di una sempre maggiore e patologica dipendenza dalle tecnologie, il Wall Street Journal ha lanciato la "dieta tecnologica" con istruzioni per procedere a piccoli passi nella strada verso la completa… disconnessione!
Già da anni esistono servizi sanitari che si occupano di questo problema, come a Belmont, dove è attivo un reparto dedicato alla cura della dipendenza da computer, o a Seattle dove è presente una casa di cura, o addirittura in Cina e Corea del Sud, dove servizi simili sono gestiti dal governo. Tuttavia la tendenza che si manifesta in questi ultimi tempi, come dimostra il caso del Wall Street Journal, è quella del fai-da-te.
Chiaramente in Italia le reazioni non si sono fatte attendere.
Ecco quindi alcune voci che dimostrano una presa di coscienza di questo problema, a partire da Luca Conti, giovane gestore del blog "Pandemia", che dice: «Occorre rendersi conto che è sbagliato essere always on. Condivido quanto scrive Douglas Rushkoff nel suo recente "Program or be programmed". L'uomo non è fatto per il real time, che fa calare l'attenzione e la produttività e danneggia le relazioni personali.» La sua proposta? Semplice: niente computer né telefono a tavola, al cinema e a letto.
Poi c’è Giovanna Cosenza, semiologa bolognese che tra l'altro si occupa di linguaggi e competenze tecnologiche: «Siamo ancora troppo indietro per i rimedi drastici», sostiene, «sarebbe come preoccuparsi per il futuro rischio di obesità in Africa.» Ma poi aggiunge: «È giusto invece imporre regole ai ragazzini, come del resto su qualsiasi altra cosa. Non si gioca alla PlayStation a tavola proprio come non ci si mette le dita nel naso, e si spera che gli adulti utilizzino tra loro altrettanta buona educazione.»
Ennio Martignago, consulente e psicoterapeuta, propone una distinzione fra tecnologie: «Ci vuole più consapevolezza per una ricerca al computer di quanta serva a stare always on su uno smartphone, che può far perdere la percezione di essere collegati a una persona virtuale mentre nel mondo reale siamo a tavola con moglie, marito o figli. Ma spegnere tutto insieme, nello stesso giorno, mi pare scarsamente praticabile, a New York come in una delle nostre città.»
Una dieta forzata la propongono invece (e la vendono) programmi pensati per i ragazzini, come supernannie o stopordi: il genitore si iscrive, paga qualche decina di euro l'anno e decide per quante ore il PC dei figli può restare connesso alla rete o semplicemente acceso.
E c'è infine qualcuno, come Vincenzo Cosenza, responsabile di Digital Pr, a Roma, che a dieta ci si è già messo: «Occupandomi di comunicazione sui social media», dice, «uso diversi dispositivi tecnologici durante la giornata. Dopo il lavoro sento il bisogno di staccare la spina. La sera disattivo rigorosamente ogni connessione, spengo il Blackberry e se posso leggo un buon libro. Per i ragazzini è diverso, loro lo usano per restare insieme ad amici e fidanzati: vanno costretti a riflettere, ma senza troppa rigidità.»

Fonte: La Repubblica

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