06/06/11

RIDURRE L'IMPRONTA ECOLOGICA DEL GUARDAROBA

Ridurre la nostra impronta ecologica non è cosa da poco, specialmente se osserviamo un semplice dato riguardante i nostri vestiti: una tipica famiglia italiana dismette 20 kg di indumenti in ottimo stato ogni 12 mesi. La compagnia tedesca Otto Group ha calcolato che una semplice camicia di cotone bianca a maniche corte è responsabile di 10,75 kg di CO2 e altri gas a effetto serra durante il suo ciclo di vita, ma una di colore scuro è ancora più pesante sul piano delle emissioni per un aumento del 13% senza contare le pratiche di lavanderia.
Di certo cambiare freneticamente guardaroba come i serpenti cambiano pelle ad ogni stagione di certo non aiuta l'ambiente. Possiamo rivoluzionare la moda più degli stilisti? Fortunatamente sì, seguendo dieci semplici consigli per allungare il ciclo di vita ai nostri vestiti senza dover gettarli via dopo una stagione:
1. Leggere l'etichetta: chi decide di privilegiare i capi etichettati made in Italy un po' s'illude, la filiera che attraversa una semplice camicia è talmente lunga che è possibile che in Italia siano stati attaccati solo i bottoni. Scegliamo capi con certificazioni ecologiche come il marchio Ecolabel, che indica limiti bassi nei residui tossici, depurazione delle acque reflue nella produzione ed esclusione del Pvc. Capi marchiati FairTrade venduti, ad esempio, nelle "botteghe del mondo" sono prodotti da artigiani del sud del mondo e le fibre provengono in genere dal mercato tradizionale e molto spesso colorate con colori naturali.
2. Scegliamo il giusto tessuto: tra le fibre naturali il millenario cotone soddisfa il 38% della popolazione mondiale, ma i problemi socio-ambientali non sono indifferenti. Anche in questo caso le certificazioni ci possono essere d'aiuto: alcune linee di abbigliamento hanno il marchio europeo Ecolabel ma il tessile ecologico è anche certificato da marchi privati come Icea. Del cotone scegliamo la versione ecologica, cercando etichette con su scritto 100% cotone biologico; vestiamoci di lino, canapa e bambù contribuendo alla crescita di filiere in genere più sostenibili e più facilmente fuori da giochi speculativi e sfruttamenti.
3. Scegliamo i colori: il bianco candido nasconde l'insidia dello sbiancamento al cloro con conseguente inquinamento delle acque: è quindi da escludere categoricamente; preferiamo l'abbigliamento in tinte tenui, che non mostrano facilmente sporco o macchie o quello colorato con tinte naturali.
4. I love vintage: negozi, veri e propri laboratori trasformano, riscoprono e rivendono vecchi abiti stilosi, utilizzano scarti di vecchie stoffe per nuovi modelli. Versioni chic della secondamano. Un mondo di vetrine parallelo molto apprezzato anche dai giovanissimi.
5. Armadio troppo pieno? Stabilire una cifra per gli acquisti annuali, scegliere abiti adatti a tutte le occasioni da poter reinventare ogni volta che li indossiamo.
6. Se tendete a riempirvi l'armadio senza ritegno non tenetevi tutto per voi ma partecipate a Dress crossing (scambio di abiti fra amici), eGo (abiti... in affitto!) e Swap Party (feste dove barattare i propri abiti con altri capi d'abbigliamento).
7. Per i più piccoli: crescono in fretta e non entrano più in tutine, vestitini e biancheria? Creiamo e incentiviamo una rete fra parenti e amici così da poter scambiare gli abitini, praticamente nuovi, ad altri pargoletti.
8. Le scarpe: parte integrante del nostro abbigliamento, non sono facili da trovare quelle che calzano a pennello... anzi spesso una scarpa è un elemento di tortura, se stringe troppo all'acquisto si sformerà sotto la pressione del piede o continuerà a fare male. Tacchi alti, zeppe e punte estreme: se sappiamo già in partenza che verranno messe solo un paio di volte in tutta la nostra vita escludiamole dalla nostra scarpiera. Calzature comode e pratiche dureranno di più e ci renderanno più soddisfatti.
9. Le pratiche di lavanderia hanno un bell'impatto sull'ambiente, ma anche sui nostri vestiti, così anche le buone pratiche con la lavatrice possono allungare la vita agli abiti: facciamo cicli di lavaggio a freddo, preferibilmente con un carico frontale nella lavatrice, di conseguenza non acquistiamo capi di abbigliamento che devono essere lavati a caldo o quelli che hanno bisogno di lavaggio a secco.
10. Asciugatura e stiratura: anche queste pratiche rientrano nella riduzione dell'impronta ecologica dei nostri vestiti. Cercare se possibile l'asciugatura naturale (quella al sole!).
Ma quali sono quali sono le etichette che garantiscono la sostenibilità di un indumento?
- Eu Ecolabel garantisce un livello minimo di residui tossici, la depurazione delle acque reflue nella produzione e l'esclusione del Pvc.
- OE 100 Standard, GOTS e AIAB assicurano al consumatore la provenienza delle fibre tessili da Agricoltura Biologica, processi di produzione poco impattanti e l’attenzione alle condizioni di lavoro.
- FairTrade garantisce che i prodotti siano stati lavorati senza causare sfruttamento e povertà nei Paesi del Sud del Mondo e che vengano acquistati e commercializzati secondo i principi del commercio equo e solidale.

Fonte: Yeslife!

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