02/12/08

LE POSSIBILITA' DELLA RIFORESTAZIONE

Nel 1967, Daniel Ludwig, un miliardario americano, ha comprato 16 mila chilometri quadrati di foresta brasiliana (un'area grande circa quanto la metà Belgio), con l’intenzione di sviluppare una coltivazione da cui ricavare carta. Così ha disboscato 1300 chilometri quadrati di alberi, ma purtroppo l’affare non è andato in porto.
Potrebbe sembrare uno spreco colossale, e lo sarebbe stato, se oggi gran parte dell'area non fosse ricoperta di alberi e se non fosse diventata un laboratorio a cielo aperto dove i biologi possono studiare la riforestazione.
E dagli studi condotti sul luogo è emerso che in effetti il terreno è tornato ad avere la stessa composizione della foresta originaria, ma che purtroppo per il momento molte delle vecchie specie non sono ancora tornate ad abitare la zona.
Questo era solo un esempio, ma in effetti si tratta di una cosa comune a molte aree riforestate in tutto il mondo: cioè che riusciamo a rimboschire molte aree, ma che spesso non siamo in grado di ripristinarne completamente gli ecosistemi.
Ciononostante, osserva Robin Chazdon, professore all'Università del Connecticut, “a oggi la perdita netta di foreste è calata: sebbene il tasso di deforestazione rimanga alto, 13 milioni di ettari l'anno, il manto forestale di 18 nazioni ha iniziato ad aumentare. Le foreste naturali sono in crescita in Bhutan, a Cuba, in Gambia, in Portorico e Vietnam”.
A queste si devono aggiungere le foreste europee, la cui estensione è aumentata negli ultimi 10 anni, e anche quelle dell'America del Nord.
Quindi nonostante le perplessità di molti scienziati su cosa accade realmente nei terreni riforestati, rimane il fatto che il rimboschimento è uno degli strumenti migliori per rinfoltire le foreste.
Gli svedesi, all'avanguardia nel campo dell'ecocompatibilità, hanno fatto un calcolo: hanno considerato che esistono 1860 milioni di ettari di terreni degradati nel mondo, la metà dei quali ha buone possibilità di essere recuperata. Di questi, circa 840 milioni di ettari (quasi la metà) si trovano nelle regioni tropicali, dove la riforestazione significherebbe tassi di assorbimento dell'anidride carbonica molto alti.
Ogni nuovo albero ai tropici, infatti, toglie dall'atmosfera in media 50 Kg di anidride carbonica all'anno, mentre nelle regioni temperate ne assorbe solamente 13.
Per farla breve il risultato è che con circa 200 miliardi di dollari si potrebbe abbattere l’anidride carbonica a livelli non dannosi.
Sono tanti, è vero, ma se sembrano troppi è interessante ascoltare Lester Brown, fondatore e presidente dell'Earth Policy Institute, quando afferma: “Distribuito in 10 anni significherebbe un investimento di 20 miliardi di dollari all'anno, che dovrebbero essere finanziati dai paesi più industrializzati, responsabili della maggioranza delle emissioni. Per fare un confronto, è una cifra inferiore a quella che spende l'esercito degli Stati Uniti in due mesi in Iraq”.
L’unica cosa su cui si mette in guardia, e su cui calcano in particolar modo gli ambientalisti, è di ricordarsi di riforestare tenendo conto della vegetazione originaria, per evitare di inserire specie sbagliate in un certo ecosistema o di rimboschire con una sola specie arborea.

Fonte: http://espresso.repubblica.it/

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